La rivoluzione francese in breve – 1 – Il 1789

Alla fine del ‘700 la Francia si trova in grave crisi economica, oppressa da un enorme debito pubblico. Servirebbe una importante riforma fiscale, ma l’aristocrazia si oppone e costringe il re a convocare, dopo 175 anni, l’assemblea degli stati generali.

In marzo-aprile 1789 si eleggono i deputati, con un suffragio molto ampio: nelle campagne votano tutti i capifamiglia di almeno 25 anni che pagano almeno una imposta, e il basso clero invia a Versailles almeno 200 curati su 291 rappresentanti.

Le assemblee redigono anche i cahier de doléances, che contengono lamentele e richieste dei sudditi da presentare al sovrano. I 1139 deputati (578 del Terzo Stato, 291 del Clero, 270 dell’Aristocrazia) si riuniscono dal 5 maggio 1789 a Versailles.

L’abate Joseph-Emmanuel Sieyès scrive nell’opuscolo Qu’es-ce que le Tiers Etat? del gennaio 1789: Cos’è il Terzo Stato? Tutto. Che cos’è stato finora nell’ordinamento politico? Nulla. Cosa vuole diventare? Qualcosa. Un programma abbastanza moderato. Ma.

Per il mancato accordo sulla modalità di voto (per censo o per testa),  il Terzo Stato dal 17 giugno si autoproclama Assemblea nazionale, rappresentativa di tutta la Francia, alla quale invita i rappresentanti degli altri ordini a unirsi.

Dal 20 giugno, trovando chiusa la sala delle loro riunioni, l’Assemblea Nazionale si riunisce nella sala della pallacorda, giurando di non separarsi prima di aver dato alla Francia una nuova costituzione: si va ben oltre la iniziale questione solo finanziaria.

Il re inizialmente sembra tollerare, ma prepara un colpo di mano facendo circondare Parigi dalle truppe per sciogliere l’Assemblea, mentre un nuovo governo reazionario viene nominato l’11 luglio da Luigi XVI che licenzia il popolare ministro Necker.

La fine della Costituente sembra vicina, ma la popolazione di Parigi insorge quando la mattina del 12 luglio si sparge la notizia del licenziamento di Necker, temendo sia in atto un complotto dell’aristocrazia contro le rivendicazioni popolari.

L’episodio emblematico della rivolta popolare a Parigi è la presa della Bastiglia il 14 luglio, oggi festa nazionale francese, nonostante la scarsa rilevanza strategica dell’evento relativo a un vecchio carcere parigino ormai quasi in dismissione.

Il re è costretto a tornare sui suoi passi, richiamando Necker al governo e facendo rientrare le truppe, ma intanto molti nobili lasciano la Francia, tra questi anche il fratello minore di Luigi XVI, conte d’Artois e futuro re come Carlo X.

La rivoluzione municipale si diffonde in tutta la Francia: i poteri locali lasciano posto ad amministrazioni fedeli all’Assemblea nazionale, con guardie civiche preposte alla difesa dell’ordine pubblico. La Fayette è comandante generale della guardia nazionale.

Mentre la protesta dilaga anche nel mondo contadino (Grande paura), il 4 agosto l’Assemblea Nazionale abolisce i privilegi feudali, in particolare i diritti personali come le corvée, oltre alle decime e ai diritti signorili, e dichiara riscattabili i diritti sulla terra.

Il 26 agosto si approva la dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, di stampo giusnaturalistico: libertà, proprietà, sicurezza e resistenza all’oppressione sono diritti inalienabili di ognuno, e il loro rispetto misura ogni legislazione positiva esistente.

Mentre il re, a Versailles,  è titubante e non vuole firmare i decreti di agosto dell’Assemblea Nazionale, la popolazione inscena una protesta che lo riporta a Parigi! tra il 5 e il 6 ottobre, scortato dal detestato generale La Fayette.

Il 2 novembre viene decisa la nazionalizzazione dei beni ecclesiastici, su indicazione del vescovo di Autun, Charles-Maurice de Talleyrand-Périgord; viene decisa la conseguente emissione degli assegnati, titoli garantiti proprio dall’acquisizione di queste proprietà.

Col tempo, e sotto la pressione delle necessità finanziarie, il taglio degli assegnati diventa sempre più piccolo, dal 1790 usati come cartamoneta che, superando il valore dei beni nazionalizzati, innescherà una spirale inflazionistica portando nuovi fattori di crisi.

 

 

 

 

 

 

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